Mediazione obbligatoria nei rapporti di locazione: profili procedurali tra tutela possessoria e petitoria.
La mediazione obbligatoria nelle controversie locatizie rappresenta uno degli ambiti di maggiore complessità applicativa dell’istituto disciplinato dal decreto legislativo 28/2010, richiedendo un’analisi approfondita delle specificità procedurali che caratterizzano questo settore del diritto civile. La peculiarità dei rapporti di locazione, che si collocano all’intersezione tra diritti reali e obbligazioni contrattuali, genera questioni procedurali di particolare delicatezza nella gestione della mediazione, dalla distinzione tra azioni possessorie e petitorie alla coordinazione con i procedimenti speciali di sfratto.
Il quadro normativo della mediazione locatizia
L’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 28/2010 include espressamente la locazione tra le materie soggette a mediazione obbligatoria, stabilendo che “chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di locazione è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione”. Questa previsione si coordina con il comma 2, che stabilisce che “l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale”.
La disciplina presenta tuttavia significative specificità procedurali che derivano dalla natura complessa dei rapporti locativi e dalla loro interazione con i procedimenti speciali previsti dal codice di procedura civile. L’articolo 5, comma 6, lettera b) stabilisce infatti che la mediazione obbligatoria “non si applica nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all’articolo 667 del codice di procedura civile”.
Questa eccezione introduce una prima fondamentale distinzione procedurale: la mediazione non è richiesta nella fase sommaria del procedimento di convalida, ma diventa obbligatoria nel momento in cui si verifica il mutamento del rito verso la cognizione piena. Come chiarito dalla sentenza del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto n. 383/2023, la mediazione “costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale ai sensi dell’art. 5, comma 1-bis, D.Lgs. n. 28/2010 e trova applicazione nel momento in cui viene disposta la conversione del rito ai sensi dell’art. 667 c.p.c.”.
La distinzione tra azioni possessorie e petitorie nella mediazione
Una delle questioni procedurali più complesse riguarda l’applicabilità della mediazione obbligatoria alle diverse tipologie di azioni che possono sorgere nei rapporti locativi. La distinzione tra tutela possessoria e petitoria assume particolare rilevanza considerando che l’articolo 5, comma 6, lettera d) esclude dall’obbligo di mediazione “i procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all’articolo 703, terzo comma, del codice di procedura civile”.
Le azioni possessorie nei rapporti locativi
Le azioni possessorie disciplinate dagli articoli 1168 e seguenti del codice civile possono trovare applicazione anche nei rapporti locativi, particolarmente quando si verifichino situazioni di spoglio violento o clandestino. L’azione di reintegrazione prevista dall’articolo 1168 può essere esperita dal conduttore che sia stato “violentemente od occultamente spogliato del possesso” dell’immobile locato.
L’esclusione dalla mediazione obbligatoria per i procedimenti possessori risponde alla natura sommaria e urgente di questa tutela, che deve garantire la rapida reintegrazione nel possesso senza le dilazioni che potrebbero derivare dal tentativo di conciliazione. Tuttavia, l’esclusione opera solo “fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all’articolo 703, terzo comma”, il che significa che se il giudizio possessorio prosegue oltre la fase sommaria, può sorgere l’obbligo di mediazione.
Le azioni petitorie e la mediazione obbligatoria
Le azioni petitorie, che riguardano il diritto di proprietà o altri diritti reali sull’immobile locato, sono invece pienamente soggette alla mediazione obbligatoria quando coinvolgano rapporti locativi. Queste azioni possono sorgere in diverse situazioni: quando il locatore agisca per la risoluzione del contratto e il rilascio dell’immobile, quando il conduttore contesti la legittimazione del locatore, o quando terzi rivendichino diritti sull’immobile.
La giurisprudenza ha chiarito che la natura dell’azione deve essere valutata in base al petitum e alla causa petendi, indipendentemente dalla qualificazione formale data dalle parti. Nelle controversie locatizie, spesso si verifica una sovrapposizione tra profili possessori e petitori, richiedendo un’analisi attenta per determinare l’applicabilità della mediazione obbligatoria.
La competenza territoriale nella mediazione locatizia
Un aspetto procedurale di fondamentale importanza riguarda la competenza territoriale dell’organismo di mediazione nelle controversie locatizie. L’articolo 4, comma 1 stabilisce che “la domanda di mediazione è depositata presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia”.
Per le controversie locatizie, l’articolo 21 del codice di procedura civile stabilisce che “per le cause in materia di locazione di immobili è competente il giudice del luogo dove è posto l’immobile”. Questa regola di competenza territoriale inderogabile si riflette sulla scelta dell’organismo di mediazione, che deve necessariamente avere sede nel luogo del giudice competente.
La sentenza del Tribunale di Civitavecchia n. 250/2025 ha chiarito che “il procedimento di mediazione introdotto presso un organismo avente sede in luogo diverso da quello del giudice territorialmente competente per il merito non produce effetti e non è idoneo a soddisfare la condizione di procedibilità della domanda”. La sentenza ha specificato che “l’art. 4 del D.L.vo n. 28/2010 prevede che la domanda di mediazione sia presentata ‘mediante deposito di un’istanza presso un organismo del luogo del giudice competente per la controversia’”.
I procedimenti di sfratto e la mediazione
La fase sommaria, il mutamento del rito e l’insorgere dell’obbligo.
I procedimenti di sfratto disciplinati dagli articoli 657 e seguenti del codice di procedura civile presentano una disciplina particolare rispetto alla mediazione obbligatoria, . Come stabilito dall’articolo 5, comma 6, lettera b), la mediazione non si applica “nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito”.
Il quadro procedurale cambia radicalmente quando si verifica il mutamento del rito ai sensi dell’articolo 667 del codice di procedura civile. In questo momento, il procedimento si trasforma da sommario a ordinario, e sorge l’obbligo di mediazione come condizione di procedibilità.
La sentenza del Tribunale di Rimini n. 936/2024 ha chiarito che “nei procedimenti di sfratto per finita locazione che vengono convertiti in rito ordinario ai sensi dell’art. 667 c.p.c., trova applicazione l’obbligo di mediazione preventiva previsto dall’art. 5 del d.lgs. 28/2010 per le controversie in materia di locazione”. La sentenza ha precisato che “l’esenzione dall’obbligo di mediazione stabilita dall’art. 5, comma 2, lett. b) del medesimo decreto opera esclusivamente nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto fino al momento del mutamento del rito, cessando di produrre effetti una volta che il giudizio si trasforma in procedimento ordinario di cognizione”.
La gestione dei termini nel mutamento del rito
Quando il giudice dispone il mutamento del rito, deve contestualmente valutare se sia stata esperita la mediazione obbligatoria. Se la mediazione non è stata esperita, il giudice deve assegnare alle parti il termine per l’avvio del procedimento, come stabilito dall’articolo 5, comma 2.
La sentenza del Tribunale di Napoli n. 4716/2024 ha evidenziato che “l’intimazione di sfratto per morosità e la contestuale richiesta di convalida già contengono implicitamente la domanda di pronuncia costitutiva di risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore, cui si è aggiunta nel caso di specie la richiesta di condanna al pagamento dei canoni”. La sentenza ha chiarito che “tali domande sono improcedibili, atteso che l’attrice non ha esperito il tentativo di mediazione, che è obbligatorio per le controversie in materia di locazione”.
L’onere di attivazione della mediazione
Una questione procedurale di particolare rilevanza riguarda l’identificazione del soggetto su cui grava l’onere di attivare la mediazione nelle controversie locatizie. Il principio generale stabilito dall’articolo 5, comma 1, è che l’onere grava su “chi intende esercitare in giudizio un’azione”, ma nei procedimenti locativi la situazione può presentare complessità specifiche.
La sentenza del Tribunale di Napoli Nord n. 2107/2025 ha chiarito che “l’onere di promuovere il procedimento di mediazione grava esclusivamente sulla parte intimante-ricorrente che ha proposto la domanda giudiziale, sia in senso sostanziale che formale”. La sentenza ha precisato che “nel giudizio per convalida di sfratto per morosità, diversamente da quanto accade nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, il passaggio dalla fase sommaria a quella di merito a cognizione piena non determina alcuna inversione delle posizioni processuali delle parti”.
I procedimenti monitori e l’opposizione
Nei procedimenti di opposizione a decreto ingiuntivo per canoni di locazione, l’articolo 5-bis stabilisce una disciplina specifica: “quando l’azione è stata introdotta con ricorso per decreto ingiuntivo, nel procedimento di opposizione l’onere di presentare la domanda di mediazione grava sulla parte che ha proposto ricorso per decreto ingiuntivo”.
La sentenza del Tribunale di Avellino n. 225/2025 ha confermato questo principio, stabilendo che “nelle controversie in materia locatizia soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell’art. 5 bis del d.lgs. n. 28 del 2010, quando l’azione viene introdotta con ricorso per decreto ingiuntivo e successivamente si instaura il relativo giudizio di opposizione, l’onere di promuovere la procedura di mediazione grava sulla parte che ha proposto il ricorso monitorio”.
La comunicazione dell’avvio della mediazione
Un aspetto procedurale di particolare delicatezza riguarda le modalità di comunicazione dell’avvio del procedimento di mediazione alle parti. L’articolo 8, comma 1 stabilisce che la domanda e la data del primo incontro “sono comunicate alle altre parti con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione”.
La giurisprudenza ha chiarito che la comunicazione deve essere effettuata personalmente alla parte e non è sufficiente la notificazione al difensore costituito. La sentenza del Tribunale di Isernia n. 98/2025 ha stabilito che “nelle controversie in materia di locazione soggette al procedimento di mediazione obbligatoria, la condizione di procedibilità è soddisfatta esclusivamente quando la comunicazione di avvio della mediazione viene notificata direttamente alla parte personalmente e non risulta sufficiente la sola notificazione al difensore costituito”.
La sentenza ha specificato che “la comunicazione presso il difensore costituito non può ritenersi valida nemmeno ai sensi dell’articolo 170 del codice di procedura civile, secondo cui dopo la costituzione in giudizio tutte le notificazioni si fanno al procuratore costituito, in quanto non si tratta di un atto processuale ma di una condizione di procedibilità della domanda”.
Le conseguenze della comunicazione viziata
Quando la comunicazione dell’avvio della mediazione presenta vizi, le conseguenze processuali sono severe. La comunicazione viziata comporta l’invalidità dell’intero procedimento di mediazione e la conseguente improcedibilità della domanda giudiziale.
La giurisprudenza ha chiarito che l’onere di verificare la correttezza della comunicazione grava sulla parte richiedente la mediazione, anche quando la comunicazione sia effettuata dall’organismo di mediazione. Come evidenziato dalla sentenza del Tribunale di Isernia, “l’onere di verificare la correttezza della comunicazione grava sulla parte richiedente la mediazione, anche quando la comunicazione sia effettuata dall’organismo di mediazione, comportando per la parte istante l’obbligo di accertare l’efficacia e validità della comunicazione dell’avviato procedimento”.
La partecipazione personale e la rappresentanza
La mediazione nelle controversie locatizie richiede, come principio generale, la partecipazione personale delle parti. Questo principio deriva dalla natura dell’istituto, che mira a favorire il dialogo diretto tra i soggetti del rapporto per raggiungere una composizione amichevole della controversia.
La giurisprudenza ha costantemente affermato che la mediazione incentra la propria ratio nel contatto diretto tra le parti e il mediatore professionale. La partecipazione personale è considerata essenziale per l’efficacia del procedimento, poiché solo attraverso il dialogo diretto è possibile esplorare soluzioni creative e personalizzate che tengano conto delle specifiche esigenze delle parti.
La rappresentanza sostanziale
Quando la partecipazione personale non sia possibile, la giurisprudenza ha ammesso la rappresentanza sostanziale, purché il rappresentante sia munito di procura speciale che conferisca espressamente il potere di partecipare alla mediazione e di disporre dei diritti sostanziali oggetto della controversia.
La procura alle liti conferita per il giudizio non è sufficiente per la partecipazione alla mediazione, dovendo essere conferita una procura speciale sostanziale che abiliti il rappresentante a negoziare e concludere accordi sui diritti in contestazione. Questa distinzione risponde alla diversa natura della mediazione rispetto al processo, richiedendo poteri dispositivi che vanno oltre la mera rappresentanza processuale.
I termini per l’esperimento della mediazione.
Il termine di quindici giorni
Quando il giudice rileva l’omesso esperimento della mediazione, deve assegnare alle parti “il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione”, come stabilito dall’articolo 5, comma 2. La natura di questo termine ha generato significativi dibattiti giurisprudenziali.
La sentenza del Tribunale di Roma n. 15280/2024 ha stabilito che “il termine di quindici giorni ha carattere perentorio e la legge ricollega al suo vano spirare la sanzione di improcedibilità della domanda giudiziale”. La sentenza ha precisato che “anche qualora si volesse considerare il termine di quindici giorni come ordinatorio, la parte su cui grava l’onere di avviare la mediazione deve presentare istanza di proroga prima della scadenza naturale del termine prefissato”.
L’esperimento effettivo della mediazione
Tuttavia, parte della giurisprudenza ha adottato un approccio più sostanziale, chiarendo che ciò che rileva non è il mero rispetto del termine di quindici giorni per l’avvio, ma l’effettivo esperimento della mediazione entro l’udienza di rinvio fissata dal giudice.
La sentenza del Tribunale di Roma n. 19605/2024 ha chiarito che “è necessario l’utile esperimento della procedura di mediazione entro l’udienza di rinvio fissata dal giudice e non già il mero avvio di essa nel termine di quindici giorni indicato dal giudice delegante con l’ordinanza che la dispone”. La sentenza ha precisato che “il termine di quindici giorni disposto dal giudice per l’esperimento della mediazione delegata non ha natura perentoria, in quanto la dichiarazione di improcedibilità non è collegata dal legislatore al mancato rispetto del termine di presentazione della domanda, bensì al solo evento del mancato esperimento del procedimento di mediazione”.
Le conseguenze dell’improcedibilità
La dichiarazione di improcedibilità
Quando non sia stata esperita la mediazione obbligatoria, il giudice deve dichiarare l’improcedibilità della domanda. Questa conseguenza si applica a tutte le tipologie di controversie locatizie soggette all’obbligo, indipendentemente dalla loro natura specifica.
La sentenza del Tribunale di Bologna n. 3348/2024 ha confermato che “nelle controversie in materia di locazione, l’esperimento del procedimento obbligatorio di mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale ai sensi dell’art. 5 commi 1 e 2 del D.Lgs. n. 28/2010, anche nei casi di azione di sfratto per morosità proposta ex art. 658 c.p.c.”.
Gli effetti sui decreti ingiuntivi
Nei procedimenti di opposizione a decreto ingiuntivo, l’improcedibilità per mancato esperimento della mediazione comporta anche la revoca del decreto opposto. L’articolo 5-bis stabilisce espressamente che se la mediazione non è stata esperita, il giudice “dichiara l’improcedibilità della domanda giudiziale proposta con il ricorso per decreto ingiuntivo, revoca il decreto opposto e provvede sulle spese”.
La cessazione della materia del contendere
Un aspetto particolare riguarda i casi in cui, dopo il mutamento del rito e l’ordine di esperire la mediazione, cessi la materia del contendere per spontanea riconsegna dell’immobile. La sentenza del Tribunale di Ferrara n. 442/2025 ha chiarito che “l’esperimento del procedimento di mediazione obbligatoria costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche quando, successivamente al mutamento del rito, sia cessata la materia del contendere per spontanea riconsegna dell’immobile da parte del conduttore e residui unicamente la questione relativa alla liquidazione delle spese processuali”.
La mediazione telematica nelle controversie locatizie
L’articolo 8-bis disciplina la mediazione in modalità telematica, che può trovare applicazione anche nelle controversie locatizie. La norma stabilisce che “quando la mediazione, con il consenso delle parti, si svolge in modalità telematica, gli atti del procedimento sono formati dal mediatore e sottoscritti nel rispetto delle disposizioni del codice dell’amministrazione digitale”.
La mediazione telematica può rappresentare una soluzione efficace per le controversie locatizie, particolarmente quando le parti si trovino in luoghi diversi o quando vi siano difficoltà logistiche per la partecipazione in presenza. Tuttavia, deve essere garantito il consenso di tutte le parti e il rispetto delle modalità tecniche previste dalla normativa.
Le specificità delle locazioni commerciali
Le locazioni commerciali presentano ulteriori specificità procedurali nella mediazione, derivanti dalla disciplina speciale contenuta nella legge 392/1978 per quanto ancora applicabile e nelle successive modificazioni. Le controversie relative all’indennità di avviamento, al rinnovo del contratto, e alle migliorie apportate dal conduttore richiedono particolare attenzione nella formulazione della domanda di mediazione.
La complessità tecnica di queste controversie può richiedere la nomina di esperti durante il procedimento di mediazione, come previsto dall’articolo 8, comma 7, che stabilisce la possibilità per il mediatore di “avvalersi di esperti iscritti negli albi professionali”.
Le controversie condominiali-locatizie
Un settore di particolare complessità è rappresentato dalle controversie che coinvolgono contemporaneamente profili condominiali e locativi. Queste situazioni possono sorgere quando il conduttore contesti delibere condominiali che incidano sul godimento dell’immobile locato, o quando sorgano controversie tra condomini-locatori e condomini-conduttori.
In questi casi, la mediazione deve essere strutturata in modo da affrontare tutti gli aspetti della controversia, garantendo la partecipazione di tutti i soggetti interessati e la rappresentanza adeguata del condominio attraverso l’amministratore munito dei necessari poteri.
Considerazioni conclusive e orientamenti operativi
L’analisi della mediazione obbligatoria nelle controversie locatizie evidenzia la complessità di un sistema normativo che deve coordinare la disciplina generale della mediazione con le specificità dei rapporti locativi e dei relativi procedimenti speciali. La giurisprudenza ha progressivamente chiarito i principi applicativi, sottolineando l’importanza di una gestione attenta delle diverse fasi procedurali.
La distinzione tra tutela possessoria e petitoria assume particolare rilevanza pratica, richiedendo un’analisi caso per caso per determinare l’applicabilità della mediazione obbligatoria. I professionisti devono prestare particolare attenzione alla qualificazione giuridica dell’azione e alla fase procedurale in cui si trova il giudizio.
La gestione dei termini rappresenta uno degli aspetti più delicati, particolarmente nel passaggio dalla fase sommaria del procedimento di convalida alla fase di cognizione piena. Il mutamento del rito costituisce il momento cruciale in cui sorge l’obbligo di mediazione, richiedendo un’attivazione tempestiva per evitare la dichiarazione di improcedibilità.
La competenza territoriale dell’organismo di mediazione deve essere rigorosamente rispettata, seguendo i criteri stabiliti per la competenza giudiziale nelle controversie locatizie. La violazione di questa regola comporta l’inefficacia dell’intero procedimento di mediazione.
La comunicazione dell’avvio della mediazione richiede particolare attenzione alle modalità di notificazione, dovendo essere effettuata personalmente alla parte e non essendo sufficiente la comunicazione al difensore costituito. Questo principio risponde alla natura personale del procedimento di mediazione e alla necessità di garantire l’effettiva conoscenza dell’avvio del procedimento.
L’evoluzione normativa e giurisprudenziale continua a fornire chiarimenti su aspetti specifici della disciplina, contribuendo alla formazione di un orientamento consolidato che valorizza l’effettività del procedimento di mediazione rispetto al mero adempimento formale. I professionisti devono quindi mantenersi costantemente aggiornati sugli sviluppi interpretativi per garantire una gestione efficace della mediazione nelle controversie locatizie.
La tendenza emergente dalla giurisprudenza più recente è quella di privilegiare la sostanza dell’esperimento della mediazione rispetto alla rigida osservanza dei termini formali, pur nel rispetto dei requisiti essenziali stabiliti dalla legge per garantire l’effettività della condizione di procedibilità. Questa impostazione richiede una competenza tecnica approfondita per navigare tra le diverse specificità procedurali e garantire il rispetto delle condizioni di procedibilità senza compromettere l’efficacia della tutela giurisdizionale.

