Il regime tributario della mediazione: dall’esenzione dall’imposta di bollo ai crediti d’imposta per le parti

Il regime tributario della mediazione: dall’esenzione dall’imposta di bollo ai crediti d’imposta per le parti

Il sistema tributario della mediazione civile e commerciale rappresenta uno degli strumenti più efficaci attraverso cui il legislatore ha inteso promuovere la risoluzione alternativa delle controversie. L’architettura normativa delineata dal decreto legislativo n. 28 del 2010 configura un regime fiscale di particolare favore che si articola su due pilastri fondamentali: un sistema di esenzioni totali per gli atti del procedimento e un articolato meccanismo di crediti d’imposta per le parti. L’analisi di questo quadro normativo rivela come gli incentivi fiscali costituiscano il motore economico della deflazione del contenzioso giudiziario.

L’esenzione totale dall’imposta di bollo: il fondamento del sistema agevolativo


Il cuore del regime tributario della mediazione si rinviene nell’articolo 17 del decreto legislativo n. 28 del 2010, che stabilisce un principio di esenzione assoluta e omnicomprensiva. La norma prevede che “tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura”. Questa formulazione, volutamente ampia e onnicomprensiva, elimina completamente il carico fiscale che normalmente grava sugli atti processuali, creando un primo significativo vantaggio economico per le parti che scelgono la via della mediazione.

L’esenzione si estende anche al verbale e all’accordo di conciliazione, che risultano “esenti dall’imposta di registro entro il limite di valore di centomila euro, altrimenti l’imposta è dovuta per la parte eccedente”. Tale previsione incentiva particolarmente la risoluzione bonaria delle controversie di valore medio, rendendo economicamente vantaggiosa la mediazione rispetto al contenzioso giudiziario ordinario per la stragrande maggioranza delle dispute civili e commerciali.

La portata di questa esenzione assume particolare rilievo se confrontata con il regime fiscale ordinario del processo civile, dove ogni atto processuale è soggetto all’imposta di bollo secondo le tariffe generali. L’eliminazione totale di questi oneri fiscali rappresenta un incentivo economico immediato e tangibile che riduce significativamente il costo complessivo della risoluzione delle controversie.

Il sistema dei crediti d’imposta: struttura e funzionamento


Il secondo pilastro del regime tributario agevolativo è costituito dal sistema dei crediti d’imposta disciplinato dall’articolo 20 del decreto legislativo n. 28 del 2010. Questo meccanismo rappresenta un’innovazione significativa nel panorama degli incentivi fiscali, poiché non si limita a esentare le parti dal pagamento di tributi, ma riconosce loro un vero e proprio credito utilizzabile in compensazione con altri debiti tributari.

Quando è raggiunto l’accordo di conciliazione, alle parti è riconosciuto un credito d’imposta commisurato all’indennità corrisposta all’organismo di mediazione, fino a concorrenza di euro seicento. Nei casi di mediazione obbligatoria o demandata dal giudice, il beneficio si estende anche al compenso corrisposto al proprio avvocato per l’assistenza nella procedura, sempre nei limiti dei parametri forensi e fino a concorrenza di euro seicento.

I crediti d’imposta sono utilizzabili nel limite complessivo di euro seicento per procedura, con un tetto massimo annuale differenziato: euro duemilaquattrocento per le persone fisiche e euro ventiquattromila per le persone giuridiche. Questa differenziazione tiene conto delle diverse capacità economiche e del diverso volume di controversie potenzialmente gestibili dai soggetti coinvolti.

Significativamente, anche in caso di insuccesso della mediazione, i crediti d’imposta sono riconosciuti seppur ridotti della metà, mantenendo un incentivo parziale che riconosce il valore sociale del tentativo di conciliazione. Questo meccanismo rappresenta un unicum nel sistema fiscale italiano, dove raramente si prevedono benefici per tentativi non andati a buon fine.

Il credito d’imposta per il contributo unificato


Un ulteriore elemento del sistema agevolativo è rappresentato dal credito d’imposta riconosciuto per il contributo unificato versato dalla parte del giudizio estinto a seguito della conclusione di un accordo di conciliazione, nel limite dell’importo versato e fino a concorrenza di euro cinquecentodiciotto. Questa previsione completa il quadro degli incentivi, recuperando anche i costi processuali già sostenuti e incentivando la conclusione di accordi anche dopo l’avvio del contenzioso giudiziario.

Il meccanismo opera automaticamente quando il giudizio si estingue per raggiungimento dell’accordo di conciliazione, creando un collegamento virtuoso tra il sistema della mediazione e quello della giustizia ordinaria. La parte che aveva già sostenuto il costo del contributo unificato per l’accesso al giudizio può recuperarlo attraverso il credito d’imposta, eliminando di fatto il disincentivo economico rappresentato dai costi già sostenuti.

L’obbligo di informazione sulle agevolazioni fiscali


L’articolo 4 del decreto impone all’avvocato un obbligo specifico di informazione che assume particolare rilevanza nell’ottica della promozione delle agevolazioni fiscali. Il professionista deve informare l’assistito “della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione disciplinato dal presente decreto e delle agevolazioni fiscali di cui agli articoli 17 e 20”. Questa previsione garantisce che il contribuente sia pienamente consapevole dei vantaggi economici derivanti dalla scelta della mediazione.

L’informazione deve essere fornita chiaramente e per iscritto, e in caso di violazione degli obblighi informativi, il contratto tra l’avvocato e l’assistito è annullabile. Il documento contenente l’informazione deve essere sottoscritto dall’assistito e allegato all’atto introduttivo dell’eventuale giudizio, creando un sistema di controllo sull’effettivo adempimento dell’obbligo informativo.

Le agevolazioni per i soggetti non abbienti


Il sistema delle agevolazioni fiscali si completa con specifiche previsioni per i soggetti economicamente svantaggiati. Quando la mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale o è disposta dal giudice, all’organismo non è dovuta alcuna indennità dalla parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato. Questa esenzione totale garantisce l’accesso alla mediazione anche ai soggetti privi di mezzi economici sufficienti.

Agli organismi di mediazione è riconosciuto un credito d’imposta commisurato all’indennità non esigibile dalla parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, fino a un importo massimo annuale di euro ventiquattromila, assicurando la sostenibilità economica del sistema anche per le procedure gratuite.

La natura fiscale delle spese di mediazione


Un aspetto particolare del regime fiscale della mediazione riguarda la qualificazione delle diverse componenti di costo. La giurisprudenza amministrativa ha chiarito la natura delle cosiddette spese di avvio, distinguendole dall’indennità di mediazione vera e propria. Il Consiglio di Stato con sentenza n. 5230 del 2015 ha precisato che le spese di avvio costituiscono “un onere economico imposto per l’accesso a un servizio obbligatorio ex lege, quantificato in modo fisso e forfettario, sganciato dall’entità del servizio effettivamente prestato”.

La giurisprudenza ha ulteriormente chiarito che “al procedimento di mediazione propriamente detto – che non solo non trova alcun aggancio testuale nell’art. 20 del d.lgs. nr. 28/2010 (il quale, nel disciplinare il credito d’imposta, non impiega affatto espressioni univoche nel senso di circoscrivere la detraibilità alle sole somme erogate in caso di effettivo accesso alla mediazione), ma – come detto – appare smentito da altre disposizioni del medesimo decreto, e in primo luogo dall’art. 8, alla cui stregua il primo incontro rientra indiscutibilmente nel procedimento di mediazione”.

I profili IVA della mediazione


Un aspetto rilevante del regime fiscale della mediazione riguarda l’applicazione dell’IVA alle prestazioni rese. La giurisprudenza ha chiarito che il regime fiscale ordinario si applica ai compensi per l’attività di mediazione, salvo specifiche esenzioni. Tuttavia, emergono profili particolari per alcune tipologie di prestazioni accessorie.

Il Tribunale di Torino con sentenza n. 5440 del 2024 ha precisato che le clausole penali previste per la violazione dell’obbligo di esclusiva nei contratti di mediazione hanno natura esclusivamente risarcitoria e non sono soggette ad IVA, “poiché la somma non costituisce essa stessa compenso per l’attività professionale, ma rappresenta una posta risarcitoria preventivamente stabilita e liquidata dalle parti”.

Il Tribunale di Modena con sentenza n. 818 del 2025 ha chiarito un principio generale di particolare importanza: “l’ambiguità o il silenzio delle parti circa l’inclusione o l’esclusione degli oneri fiscali dall’importo pattuito comporta l’applicazione del regime fiscale previsto dalla legge, i cui presupposti e le cui conseguenze sono sottratti alla disponibilità delle parti”.

Le esenzioni per le controversie di modesto valore


Un ulteriore profilo di agevolazione fiscale emerge dalla disciplina delle controversie di modesto valore, che si interseca con il regime della mediazione. La Cassazione civile con ordinanza n. 21027 del 2025 ha chiarito che l’esenzione dall’imposta di registro prevista dall’art. 46 della legge n. 374/1991 per le cause di valore non superiore ad euro 1.033,00 “si applica a tutte le sentenze e i provvedimenti adottati in tali procedimenti, indipendentemente dal grado di giudizio e dall’ufficio giudiziario adito”.

La ratio della disposizione, come precisato dalla Corte, “non è quella di agevolare l’accesso alla tutela giurisdizionale avanti al giudice di pace, ma di alleviare l’utente dal costo del servizio di giustizia per le procedure di valore più modesto, in relazione alle quali è apparso incongruo pretendere l’assolvimento di un tributo che, essendo determinato in termini ordinariamente percentuali rispetto alla rilevanza economica della causa, ammonta comunque ad importo irrisorio”.

Le spese di mediazione come spese processuali


Un aspetto rilevante del regime fiscale riguarda la qualificazione delle spese di mediazione nell’ambito del processo civile. La giurisprudenza di merito ha chiarito che le spese sostenute per l’esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione sono qualificabili come esborsi ai sensi dell’articolo 91 del codice di procedura civile.

Il Tribunale di Prato con sentenza n. 421 del 2024 ha stabilito che “le spese e i compensi sostenuti per la procedura di mediazione obbligatoria ai sensi del D.lgs. n. 28/2010 rientrano nel novero delle spese processuali di cui all’art. 91 c.p.c. e devono essere poste a carico della parte soccombente in applicazione del principio di causalità”.

Il tribunale ha precisato che “il rapporto tra la mediazione e processo civile non si limita, infatti, ad una relazione cronologica, necessaria ovvero facoltativa, implicando anche un necessario coordinamento tra l’attività svolta avanti al mediatore e quella dinanzi al giudice, sotto una pluralità di profili; che pertanto la condotta della parte nel corso della mediazione non può non avere ricadute nel successivo processo in termini di spese di lite”.

La liquidazione dei compensi per la mediazione


Un profilo particolare emerge dalla liquidazione dei compensi per l’attività di mediazione nell’ambito delle controversie professionali. Il Tribunale di Potenza con sentenza n. 1662 del 2025 ha chiarito che “le procedure di mediazione svolte nel corso del giudizio per la composizione transattiva della controversia vanno compensate autonomamente rispetto all’attività giudiziale, con liquidazione modulata in base all’esito e all’impegno richiesto al difensore”.

Il tribunale ha precisato che “l’impegno richiesto al difensore sia per la sua definizione sia per l’ulteriore attività svolta dalla professionista al fine della sua concreta attuazione” deve essere valutato nella determinazione del compenso, distinguendo tra le diverse fasi della procedura di mediazione.

Considerazioni sistematiche e prospettive


Il regime tributario della mediazione civile e commerciale presenta dunque un quadro articolato e coerente di incentivi fiscali che rendono questo strumento particolarmente attrattivo dal punto di vista economico. L’esenzione totale da imposte di bollo, tasse e diritti per tutti gli atti del procedimento, combinata con il sistema dei crediti d’imposta per le indennità e i compensi legali, crea un ambiente economicamente favorevole alla risoluzione alternativa delle controversie.

La previsione di crediti d’imposta anche in caso di insuccesso, seppur ridotti della metà, mantiene un incentivo parziale che riconosce il valore sociale del tentativo di conciliazione. Il sistema di tetti massimi annuali differenziati tra persone fisiche e giuridiche tiene conto delle diverse capacità economiche e del diverso volume di controversie potenzialmente gestibili.

L’obbligo di informazione posto in capo agli avvocati garantisce la diffusione della conoscenza di questi benefici, contribuendo alla promozione della cultura della mediazione. Le agevolazioni per i soggetti non abbienti assicurano l’universalità dell’accesso allo strumento, mentre le esenzioni per le controversie di modesto valore completano un sistema coerente di riduzione dei costi della giustizia.

Il quadro normativo delineato dimostra come il legislatore abbia inteso promuovere attivamente la mediazione attraverso un sistema di incentivi fiscali che ne riducono significativamente i costi, rendendo questo strumento competitivo rispetto al contenzioso giudiziario tradizionale. L’architettura tributaria della mediazione rappresenta un modello di politica fiscale orientata alla deflazione del contenzioso, dove gli strumenti tributari vengono utilizzati non solo per il reperimento di risorse, ma come leva per orientare i comportamenti dei cittadini verso forme più efficienti di risoluzione delle controversie.

La giurisprudenza ha confermato la legittimità e la proporzionalità di questo sistema, riconoscendo come gli incentivi fiscali costituiscano un elemento essenziale per l’effettività dell’istituto della mediazione. L’equilibrio tra costi sostenuti dalle parti e benefici fiscali riconosciuti rappresenta il risultato di una ponderata valutazione legislativa che ha saputo coniugare l’esigenza di deflazione del contenzioso con la sostenibilità economica del sistema di giustizia alternativa.

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