Mediazione e arbitrato: profili di interferenza procedurale.

Mediazione e arbitrato: profili di interferenza procedurale.

La coesistenza di mediazione civile e arbitrato nell’ordinamento processuale italiano genera complesse questioni di interferenza procedurale che richiedono un’analisi approfondita delle reciproche interazioni tra questi due istituti di risoluzione alternativa delle controversie. L’evoluzione normativa degli ultimi anni, culminata con la riforma Cartabia e le modifiche al decreto legislativo 28/2010, ha reso ancora più articolato il quadro delle relazioni procedurali tra mediazione e arbitrato, imponendo ai professionisti una comprensione sistematica delle diverse problematiche che possono emergere nella pratica forense.

Il quadro normativo di riferimento e le prime interferenze


L’analisi delle interferenze procedurali tra mediazione e arbitrato deve necessariamente muovere dalla considerazione che entrambi gli istituti trovano la propria disciplina in fonti normative distinte ma interconnesse. La mediazione civile è regolata dal decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, mentre l’arbitrato è disciplinato dagli articoli 806 e seguenti del codice di procedura civile.

La prima significativa interferenza procedurale emerge dalla considerazione che l’articolo 5 del decreto legislativo 28/2010 stabilisce l’obbligatorietà della mediazione per determinate materie come condizione di procedibilità della domanda giudiziale, senza tuttavia chiarire espressamente i rapporti con l’arbitrato. Questa lacuna normativa ha generato significativi dibattiti interpretativi sulla necessità di esperire la mediazione anche quando sia presente una clausola compromissoria.

L’articolo 5-sexies introduce un elemento di chiarificazione prevedendo che “quando il contratto, lo statuto o l’atto costitutivo dell’ente pubblico o privato prevedono una clausola di mediazione, l’esperimento della mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Se il tentativo di conciliazione non risulta esperito, il giudice o l’arbitro, su eccezione di parte entro la prima udienza, provvede ai sensi dell’articolo 5, comma 2”.

Questa previsione normativa introduce una prima significativa interferenza procedurale, stabilendo che anche l’arbitro può rilevare l’omesso esperimento della mediazione quando questa sia prevista da clausola contrattuale. La norma equipara quindi il potere dell’arbitro a quello del giudice statale nella verifica dell’avveramento della condizione di procedibilità.

Le clausole compromissorie miste e la loro disciplina


Una delle problematiche più complesse nell’ambito delle interferenze procedurali riguarda le clausole compromissorie miste, che prevedono contestualmente il ricorso alla mediazione e, in caso di insuccesso, la devoluzione della controversia ad arbitrato. Queste clausole, sempre più diffuse nella prassi contrattuale, pongono delicate questioni interpretative e applicative.

La giurisprudenza ha chiarito che “in presenza di una clausola contrattuale che prevede il ricorso alla mediazione e, in caso di suo insuccesso, la facoltà di richiedere la risoluzione della controversia mediante arbitrato irrituale, quest’ultimo costituisce uno strumento di risoluzione contrattuale delle contestazioni imperniato sull’affidamento a terzi del compito di ricercare una composizione amichevole”, come evidenziato dalla sentenza del Tribunale di Marsala n. 403/2024.

La strutturazione di clausole miste richiede particolare attenzione nella redazione, dovendo chiarire i rapporti temporali e procedurali tra i due istituti. La prassi ha sviluppato diverse modalità di articolazione di tali clausole, che possono prevedere la mediazione come fase preliminare obbligatoria prima dell’arbitrato, oppure come alternativa rimessa alla scelta delle parti.

La complessità procedurale delle clausole miste emerge anche dalla necessità di coordinare i diversi termini applicabili. Mentre la mediazione è soggetta ai termini di durata previsti dall’articolo 6 del decreto legislativo 28/2010, l’arbitrato segue i propri termini per la costituzione del collegio e per l’emissione del lodo.

L’applicabilità della mediazione obbligatoria all’arbitrato


Una questione procedurale di fondamentale importanza riguarda l’applicabilità della mediazione obbligatoria prevista dall’articolo 5 del decreto legislativo 28/2010 ai procedimenti arbitrali. La giurisprudenza ha fornito chiarimenti significativi su questo aspetto, stabilendo principi che incidono profondamente sulla gestione procedurale delle controversie.

La Corte d’appello di Brescia con sentenza n. 1242/2020 ha chiarito che “la mediazione obbligatoria prevista dall’art. 5 D.Lgs. n. 28/2010 quale condizione di procedibilità si applica esclusivamente alle azioni da esercitare in un giudizio ordinario e non anche alle domande proposte in sede arbitrale”.

Questo orientamento giurisprudenziale si basa sulla considerazione che l’arbitrato costituisce una forma di giustizia privata alla quale le parti hanno liberamente aderito mediante la sottoscrizione della clausola compromissoria o del compromesso. La scelta arbitrale rappresenta quindi una rinuncia consapevole alla giurisdizione statale, che rende inapplicabile la disciplina della mediazione obbligatoria concepita per il processo civile ordinario.

Tuttavia, la questione assume contorni diversi quando la mediazione sia prevista dalla stessa clausola contrattuale che disciplina l’arbitrato. In questi casi, l’esperimento della mediazione diventa condizione contrattuale per l’accesso all’arbitrato, con conseguenze procedurali che devono essere valutate caso per caso.

La distinzione tra arbitrato rituale e irrituale nelle interferenze con la mediazione


Le interferenze procedurali tra mediazione e arbitrato assumono caratteristiche diverse a seconda che si tratti di arbitrato rituale o irrituale. La distinzione tra le due figure, consolidata dalla giurisprudenza di legittimità, produce effetti significativi anche nei rapporti con la mediazione.

La Cassazione civile con ordinanza n. 6140/2024 ha ribadito che “la distinzione tra quello rituale e quello irrituale s’impernia sulla volontà delle parti, che nella prima figura mira a pervenire ad un lodo suscettibile di essere reso esecutivo e di produrre gli effetti di cui all’art. 825 c.p.c., mentre nella seconda si limita ad affidare all’arbitro la soluzione di controversie attraverso il mero strumento negoziale”.

Nell’arbitrato rituale, le interferenze con la mediazione si manifestano principalmente sul piano della competenza e dei termini processuali. L’arbitro rituale, investito di una vera e propria potestà giurisdizionale, può trovarsi nella necessità di valutare l’omesso esperimento della mediazione obbligatoria, applicando i principi stabiliti per il giudice statale.

Nell’arbitrato irrituale, invece, le interferenze assumono carattere prevalentemente negoziale. Come chiarito dalla giurisprudenza, “l’arbitrato irrituale ha natura negoziale e non giurisdizionale, configurandosi come un istituto riconducibile allo schema del mandato, con cui le parti conferiscono agli arbitri, quali mandatari ad negotia, l’incarico di regolare la controversia in via di composizione amichevole e transattiva”.

La gestione dei termini processuali nelle interferenze


La coesistenza di mediazione e arbitrato genera complesse problematiche nella gestione dei termini processuali, che richiedono un coordinamento attento per evitare decadenze o nullità procedurali. I termini della mediazione, disciplinati dall’articolo 6 del decreto legislativo 28/2010, devono essere coordinati con quelli dell’arbitrato, che seguono una disciplina autonoma.

Quando una clausola mista prevede la mediazione come fase preliminare all’arbitrato, il decorso dei termini per la costituzione del collegio arbitrale deve tener conto della conclusione del procedimento di mediazione. La domanda di arbitrato può essere proposta solo dopo la conclusione della mediazione, con conseguente slittamento di tutti i termini successivi.

Particolare attenzione deve essere prestata agli effetti sulla prescrizione e decadenza. L’articolo 8, comma 2, del decreto legislativo 28/2010 stabilisce che “la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale e impedisce la decadenza per una sola volta”. Analogamente, l’articolo 816-bis.1 del codice di procedura civile prevede che “la domanda di arbitrato produce gli effetti sostanziali della domanda giudiziale”.

Il coordinamento di questi effetti richiede particolare attenzione quando si passi dalla mediazione all’arbitrato. La giurisprudenza ha chiarito che gli effetti interruttivi della prescrizione si mantengono nel passaggio da un istituto all’altro, purché non vi sia soluzione di continuità temporale.

Le questioni di competenza e giurisdizione


Le interferenze procedurali tra mediazione e arbitrato si manifestano anche sul piano della competenza e giurisdizione, generando questioni complesse che richiedono un’analisi sistematica. L’articolo 819-ter del codice di procedura civile disciplina i rapporti tra arbitri e autorità giudiziaria, stabilendo che “la competenza degli arbitri non è esclusa dalla pendenza della stessa causa davanti al giudice”.

Quando sia presente una clausola di mediazione obbligatoria, l’arbitro deve valutare se procedere alla verifica dell’avveramento della condizione di procedibilità oppure se rimettere la questione al giudice statale. La giurisprudenza ha chiarito che l’arbitro può rilevare l’omesso esperimento della mediazione quando questa sia prevista da clausola contrattuale, applicando i principi stabiliti dall’articolo 5-sexies.

La Cassazione civile con ordinanza n. 16615/2023 ha precisato che “la clausola compromissoria che prevede il deferimento ad arbitri delle controversie relative o comunque collegate al contratto è pienamente compatibile con la contestuale previsione, nel medesimo articolo contrattuale, di un foro statale di elezione”.

Questa compatibilità si estende anche alle clausole che prevedono la mediazione, purché sia chiaramente definito l’ambito di applicazione di ciascun istituto. La coesistenza non determina contraddizione quando l’individuazione del foro statale operi per materie specifiche, come quella cautelare, in cui è comunque necessario individuare il giudice statale competente.

I procedimenti cautelari e le interferenze


Un aspetto particolarmente delicato delle interferenze procedurali riguarda i rapporti tra mediazione, arbitrato e procedimenti cautelari. L’articolo 5, comma 5, del decreto legislativo 28/2010 stabilisce che “lo svolgimento della mediazione non preclude in ogni caso la concessione dei provvedimenti urgenti e cautelari”.

Questa previsione si coordina con la disciplina dell’arbitrato, che prevede specifiche competenze in materia cautelare. L’articolo 669-quinquies del codice di procedura civile stabilisce che “se la controversia è oggetto di clausola compromissoria o è compromessa in arbitri anche non rituali o se è pendente il giudizio arbitrale, la domanda si propone al giudice che sarebbe stato competente a conoscere del merito”.

Il coordinamento tra questi istituti richiede particolare attenzione nella gestione dei termini e delle competenze. Quando sia in corso un procedimento di mediazione e si renda necessario un provvedimento cautelare, la domanda deve essere proposta al giudice statale competente, anche in presenza di clausola compromissoria.

La giurisprudenza ha chiarito che la pendenza della mediazione non impedisce la concessione di misure cautelari, ma queste devono essere richieste al giudice statale anche quando la controversia di merito sia devoluta ad arbitrato. Questa soluzione garantisce l’effettività della tutela cautelare senza compromettere l’autonomia degli istituti di risoluzione alternativa delle controversie.

Le clausole compromissorie statutarie e la mediazione


Un settore di particolare complessità nelle interferenze procedurali è rappresentato dalle clausole compromissorie statutarie disciplinate dagli articoli 838-bis e 838-ter del codice di procedura civile. Queste clausole, che possono prevedere “la devoluzione ad arbitri di alcune ovvero di tutte le controversie insorgenti tra i soci ovvero tra i soci e la società”, pongono specifiche questioni di coordinamento con la mediazione.

L’articolo 838-bis stabilisce che “la clausola è vincolante per la società e per tutti i soci, inclusi coloro la cui qualità di socio è oggetto della controversia”. Questa vincolatività si estende anche alle eventuali clausole di mediazione che siano contestualmente previste nello statuto sociale.

La gestione procedurale di queste situazioni richiede particolare attenzione alla sequenza temporale degli adempimenti. Quando lo statuto preveda sia la mediazione che l’arbitrato, deve essere chiarito se la mediazione costituisca condizione di accesso all’arbitrato oppure se i due istituti operino in via alternativa.

L’articolo 838-ter prevede che “la domanda di arbitrato proposta dalla società o in suo confronto è depositata presso il registro delle imprese ed è accessibile ai soci”. Questa previsione deve essere coordinata con gli eventuali obblighi di pubblicità relativi alla mediazione, quando questa sia prevista come fase preliminare.

L’impugnazione del lodo e i rapporti con la mediazione


Le interferenze procedurali tra mediazione e arbitrato si manifestano anche nella fase dell’impugnazione del lodo arbitrale. L’articolo 827 del codice di procedura civile disciplina i mezzi di impugnazione del lodo, che possono essere “proposti indipendentemente dal deposito del lodo”.

Quando il lodo sia impugnato per nullità, può sorgere la questione se l’omesso esperimento della mediazione obbligatoria costituisca causa di nullità del lodo stesso. La giurisprudenza ha chiarito che l’omessa mediazione può costituire causa di nullità solo quando questa sia espressamente prevista dalla clausola compromissoria come condizione di accesso all’arbitrato.

L’articolo 829 del codice di procedura civile elenca i casi di nullità del lodo, tra cui “se la convenzione d’arbitrato è invalida” e “se il lodo ha pronunciato fuori dei limiti della convenzione d’arbitrato”. Questi vizi possono essere invocati quando l’arbitro abbia proceduto senza verificare l’avveramento della condizione di procedibilità rappresentata dalla mediazione.

La Corte d’appello di Roma con sentenza n. 5903/2024 ha precisato che “l’impugnazione del lodo per nullità ex art. 829 comma 1 n. 12 c.p.c. per omessa pronuncia su domande ed eccezioni proposte dalle parti non è fondata quando il collegio arbitrale abbia esaminato tutte le questioni sollevate, anche se con impostazione di merito differente da quella prospettata dalla parte”.

La mediazione demandata e l’arbitrato


L’articolo 5-quater del decreto legislativo 28/2010 disciplina la mediazione demandata dal giudice, prevedendo che “il giudice, anche in sede di giudizio di appello, fino al momento in cui fissa l’udienza di rimessione della causa in decisione, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione, il comportamento delle parti e ogni altra circostanza, può disporre, con ordinanza motivata, l’esperimento di un procedimento di mediazione”.

Questa previsione pone la questione se anche l’arbitro possa demandare le parti alla mediazione nel corso del procedimento arbitrale. La dottrina e la giurisprudenza non hanno ancora fornito una risposta univoca a questo interrogativo, che presenta profili di complessità sia teorici che pratici.

Da un lato, l’arbitro potrebbe essere considerato titolare di un potere analogo a quello del giudice statale, potendo disporre la sospensione del procedimento per consentire alle parti di esperire la mediazione. Dall’altro lato, la natura contrattuale dell’arbitrato potrebbe escludere tale potere, richiedendo il consenso delle parti per l’interruzione del procedimento.

La soluzione più prudente sembra essere quella di prevedere espressamente nella clausola compromissoria la possibilità per l’arbitro di demandare le parti alla mediazione, definendo le modalità e i termini di tale deferimento.

Le interferenze nell’arbitrato amministrato


Un settore di particolare complessità è rappresentato dalle interferenze tra mediazione e arbitrato amministrato, disciplinato da regolamenti specifici delle camere arbitrali. Questi regolamenti spesso prevedono procedure standardizzate che devono essere coordinate con gli eventuali obblighi di mediazione.

L’articolo 213 del nuovo Codice degli appalti disciplina l’arbitrato nei contratti pubblici, prevedendo che “le controversie su diritti soggettivi, derivanti dall’esecuzione dei contratti relativi a lavori, servizi, forniture, concorsi di progettazione e di idee, comprese quelle conseguenti al mancato raggiungimento dell’accordo bonario di cui agli articoli 210 e 211, possono essere deferite ad arbitri”.

Questa disciplina deve essere coordinata con gli eventuali obblighi di mediazione previsti per le controversie con le pubbliche amministrazioni. Il coordinamento richiede particolare attenzione ai termini e alle procedure, dovendo garantire il rispetto di entrambi gli istituti senza compromettere l’efficienza del sistema.

La Cassazione civile con ordinanza n. 1999/2023 ha chiarito che “gli arbitri indicati o nominati secondo le procedure previste nella clausola compromissoria sono gli unici titolari del potere-dovere di decidere sulla validità della stessa clausola compromissoria, essendo arbitri della propria ‘potestas iudicandi’”.

Questo principio si applica anche alla valutazione dell’omesso esperimento della mediazione, quando questa sia prevista come condizione di accesso all’arbitrato. L’arbitro deve quindi valutare autonomamente l’avveramento della condizione di procedibilità, senza poter delegare tale valutazione alla camera arbitrale.

Le sanzioni per la mancata partecipazione e le interferenze


L’articolo 12-bis del decreto legislativo 28/2010 disciplina le conseguenze processuali della mancata partecipazione al procedimento di mediazione, prevedendo specifiche sanzioni pecuniarie e processuali. Queste sanzioni pongono questioni di coordinamento con l’arbitrato, particolarmente quando la mediazione sia prevista come fase preliminare.

La norma stabilisce che “quando la mediazione costituisce condizione di procedibilità, il giudice condanna la parte costituita che non ha partecipato al primo incontro senza giustificato motivo al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al doppio del contributo unificato dovuto per il giudizio”.

La questione che si pone è se anche l’arbitro possa applicare sanzioni analoghe quando rilevi la mancata partecipazione alla mediazione prevista come condizione di accesso all’arbitrato. La soluzione più coerente sembra essere quella di riconoscere all’arbitro un potere sanzionatorio analogo a quello del giudice statale, purché espressamente previsto dalla clausola compromissoria.

Le prospettive evolutive e le soluzioni pratiche


L’analisi delle interferenze procedurali tra mediazione e arbitrato evidenzia la necessità di soluzioni pratiche che garantiscano il coordinamento efficace tra i due istituti. La prassi contrattuale ha sviluppato diverse modalità di articolazione delle clausole miste, che possono servire da modello per la redazione di clausole equilibrate ed efficaci.

Una soluzione frequentemente adottata prevede la mediazione come fase preliminare obbligatoria, con termine specifico per la sua conclusione e automatico passaggio all’arbitrato in caso di insuccesso. Questa strutturazione garantisce certezza temporale e procedurale, evitando sovrapposizioni o lacune.

Un’altra soluzione prevede la mediazione e l’arbitrato come alternative rimesse alla scelta della parte istante, con termini specifici per l’esercizio dell’opzione. Questa modalità offre maggiore flessibilità ma richiede particolare attenzione nella definizione dei termini e delle modalità di scelta.

La giurisprudenza più recente ha evidenziato l’importanza di una redazione chiara e specifica delle clausole, che definisca con precisione i rapporti tra i due istituti e le relative conseguenze procedurali. Come osservato dalla sentenza del Tribunale di Macerata n. 86/2025, “l’interpretazione delle clausole contrattuali deve essere orientata a salvare il contenuto negoziale e non a demolirlo, attribuendo alle singole clausole un senso compiuto e concludente”.

Considerazioni conclusive e orientamenti operativi


L’analisi delle interferenze procedurali tra mediazione e arbitrato rivela la complessità di un sistema normativo in continua evoluzione, che richiede ai professionisti una comprensione approfondita delle reciproche interazioni tra questi istituti. La giurisprudenza ha progressivamente chiarito molti aspetti problematici, fornendo principi interpretativi che consentono una gestione più sicura delle questioni procedurali.

La distinzione tra arbitrato rituale e irrituale assume particolare rilevanza nelle interferenze con la mediazione, producendo effetti diversi sulla gestione procedurale delle controversie. Come chiarito dalla Corte d’appello di Bologna con sentenza n. 1139/2024, “la distinzione tra arbitrato rituale e arbitrato irrituale deve essere operata attraverso l’interpretazione della clausola compromissoria con riferimento al dato letterale, alla comune intenzione delle parti ed al comportamento complessivo delle stesse”.

La gestione dei termini processuali rappresenta uno degli aspetti più delicati delle interferenze, richiedendo un coordinamento attento per evitare decadenze o nullità procedurali. Il principio consolidato dalla giurisprudenza è quello di garantire la continuità degli effetti sostanziali nel passaggio da un istituto all’altro, purché non vi sia soluzione di continuità temporale.

Le clausole compromissorie miste richiedono particolare attenzione nella redazione, dovendo definire con precisione i rapporti tra mediazione e arbitrato e le relative conseguenze procedurali. La prassi ha sviluppato modelli consolidati che possono servire da riferimento per la redazione di clausole equilibrate ed efficaci.

L’evoluzione normativa degli ultimi anni, con particolare riferimento alla riforma Cartabia e alle modifiche al decreto legislativo 28/2010, ha reso ancora più articolato il quadro delle relazioni procedurali tra mediazione e arbitrato. I professionisti devono quindi mantenersi costantemente aggiornati sugli sviluppi normativi e giurisprudenziali per garantire una gestione efficace delle interferenze procedurali.

La tendenza emergente dalla giurisprudenza più recente è quella di valorizzare l’autonomia privata nella definizione dei rapporti tra mediazione e arbitrato, purché le clausole siano redatte con chiarezza e precisione. Questa impostazione offre maggiori opportunità di personalizzazione degli strumenti di risoluzione delle controversie, ma richiede una competenza tecnica approfondita per evitare vizi o lacune che potrebbero compromettere l’efficacia degli istituti.

In prospettiva, l’integrazione sempre più stretta tra mediazione e arbitrato rappresenta una delle sfide più significative per l’evoluzione del sistema di giustizia alternativa. La capacità dei professionisti di gestire efficacemente queste interferenze procedurali costituirà un elemento determinante per il successo di entrambi gli istituti nel panorama della risoluzione delle controversie civili e commerciali.

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